Il crollo di ponte Morandi è la più grande tragedia che abbia mai colpito la nostra splendida città. Da ormai due settimane la Val Polcevera e più in generale l’area metropolitana genovese sono messe a dura prova dal punto di vista logistico e soprattutto emotivo, poiché ancora una volta ci troviamo a fare i conti con morti che probabilmente avrebbero potuto essere evitate. I cittadini hanno risposto alla grande dando subito vita a una gara di solidarietà, offrendo aiuto materiale alle famiglie delle vittime, alle piccole attività commerciali presenti in zona e agli sfollati, che in fretta e furia hanno dovuto lasciare le proprie case, magari acquistate dopo enormi sacrifici, per trovare una nuova sistemazione.
La prima cosa da fare è sicuramente quella di trovare i colpevoli e augurarsi che la magistratura possa individuarli in maniera celere e punirli con pene esemplari. I genovesi dopo alluvioni, frane, crolli, sono stufi di parole e auspicano che questa volta davvero se qualcuno ha sbagliato possa essere assicurato alla giustizia e pagare per le proprie colpe.
Poi, inevitabilmente, arriverà il momento di ripartire. In questo momento Genova è spezzata in due, la Val Polcevera e le piccoli valli interne dell’entroterra genovese sono pressochè isolate, con il centro città che può essere raggiunto soltanto attraverso l’autostrada oppure compiendo l’interminabile giro di Borzoli, dovendo poi transitare per Sestri Ponente che in questi giorni è completamente bloccata. E nonostante gli inviti ad utilizzare il trasporto pubblico da questo punto di vista si latita parecchio, con gli autobus che assomigliano a carri bestiame e i treni che molto spesso accumulano ritardi, con il risultato che chi abita nei paesi a ridosso dell’appennino sovente perde la corriera ed è costretto ad aspettare ore a Pontedecimo. E chi lavora in zona Campi? Prova a superare il traffico di Bolzaneto per arrivare a Brin, prende la metropolitana, scende a Dinegro e da lì prende un autobus sperando di non rimanere nuovamente imbottigliato, rischiando di arrivare in ritardo sul luogo di lavoro?
Per quanto riguarda la ricostruzione vera e propria di una nuova opera infrastrutturale “La Casa della Legalità” ha scritto al Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, in qualità di Commissario straordinario per l’emergenza conseguente al crollo del viadotto, chiedendo di adottare alcune misure di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nei lavori. E come dargli torto, del resto a Genova abbiamo avuto l’esempio delle inchieste che hanno visto come protagonista il terzo valico dei Giovi e hanno portato all’arresto di alcuni dirigenti Co.Civ, consorzio che si occupa della realizzazione dell’opera, per corruzione, concussione e turbativa d’asta.
Poche ore dopo l’accaduto, mentre i vigili del fuoco (i ringraziamenti e gli elogi per questi eroi non saranno mai abbastanza) si adoperavano giorno e notte per cercare disperatamente superstiti o quantomeno per recuperare le povere persone che non ce l’hanno fatta a sopravvivere a quel volo di 45 metri, qualche politicante non si è fatto scrupoli a comparire in televisione chiedendo a gran voce di andare avanti con la Gronda, affermando che se ci fosse stata quell’opera nessuno sarebbe morto, non avendo calcolato che sarebbe stata pronta nel 2029 e dimostrando di avere scarsa conoscenza del progetto, dal momento che comunque ponte Morandi sarebbe rimasto lì al suo posto.
Sorvolando sul buongusto di utilizzare persone che non ci sono più per fare mera propaganda politica, noi crediamo che i genovesi abbiano bisogno al più presto di risposte concrete e ci chiediamo quanti ponti malridotti siano presenti in questa nostra Italia che piano piano sta cadendo a pezzi; ci domandiamo se forse non avrebbe maggior senso concentrarsi sulla manutenzione del già esistente, magari realizzando qualche piccola opera che possa evitare il ripetersi di tragedie come questa.
Ci rivolgiamo alle Istituzioni facendo presente che nell’area metropolitana di Genova esistono anche i Comuni dell’entroterra, i quali spesso si trovano a fare i conti con notevoli disagi, amplificati dopo la tragedia che ci ha colpiti, e che spesso si sono dovuti accontentare delle parole. Adesso c’è bisogno dei fatti.
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