Accoglienza a Isoverde, la cena per l’integrazione è un successo

Momento di incontro tra i migranti che hanno trovato casa a Isoverde, la popolazione e le istituzioni, ragionando su come i Decreti Sicurezza hanno cambiato le regole dell’accoglienza e come influiranno sul progetto.

«Abbiamo quasi azzeccato la data», scherza uno dei responsabili del progetto Migrantes che ha trovato casa a Isoverde da alcuni anni. In effetti quest’anno la cena multietnica di condivisione avviene la vigilia della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, istituita dalla Chiesa Cattolica nel 1914, che quest’anno cade oggi, l’ultima domenica di settembre.

Una coincidenza fortunata, considerando che il progetto che ha portato sei richiedenti asilo a Isoverde è sviluppato proprio dalla Curia genovese sull’adesione volontaria delle parrocchie, e prevede l’accoglienza di piccoli gruppi di migranti selezionati, che hanno dimostrato un interesse a integrarsi, la costanza negli studi e nella ricerca di lavoro. 

Quattro, massimo sei persone in un appartamento, in modo da poter gestire un piccolo percorso che comprende l’insegnamento della lingua italiana, la preparazione a sostenere l’esame di terza media, la partecipazione alla vita sociale della parrocchia. Ma soprattutto, l’incontro con la gente del posto, che con numeri così piccoli non si sente minacciata o “invasa”, e ha l’opportunità di tornare a vedere come persone e non come entità astratte pericolose i migranti coinvolti.  Facendo riferimento al Campus di Coronata, che sta diventando sempre più un’eccellenza e un modello di buona accoglienza, il gruppo di Isoverde ha trovato una casa nella frazione di Campomorone, una delle realtà più positive sul territorio genovese. I nomi cambiano, qualcuno ha ottenuto il permesso di soggiorno e quindi è uscito dal progetto, qualcuno è arrivato al suo posto, ma l’atmosfera è sempre positiva, nonostante i cambiamenti introdotti dai due Decreti Sicurezza.

Le direttive volute dall’ex Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, incidono qui principalmente a livello economico, ma durante l’incontro c’è modo di spiegare come sono cambiate le modalità di protezione, oltre all’asilo politico, e soprattutto come è stato modificato l’accesso all’accoglienza di secondo livello di cui sono esempi sia il progetto di Isoverde che gli appartamenti SPRAR a Campomorone.

Malgrado le esperienze diffuse come queste, dopo una prima diffidenza, si dimostrino infatti molto positive e riuscite, non solo sul territorio della Val Polcevera. In un anno infatti si è passati da 35.000 individui aventi diritto all’accoglienza di secondo livello a 4.000. Il rischio è, chiaramente, che questi progetti chiudano, anche per la riduzione dei fondi, che può mettere in discussione molti dei servizi offerti ai ragazzi al di là di un posto letto e del vitto. 

Se riusciamo a vedere al di là dell’immediato risparmio per lo Stato, bisogna considerare gli effetti a lungo termine: l’accoglienza di secondo livello permette ai migranti che intraprendono questo percorso di studiare, di fare una prima esperienza professionale con una borsa lavoro, ma soprattutto offre loro l’occasione di inserirsi nella comunità, senza essere ghettizzati. La differenza tra un’esperienza di sei persone in un quartiere anziché di cento è lampante: basta confrontare Isoverde con Pontedecimo, dove è stato inserito un centro di accoglienza con molti più migranti, che rimane però “cosa estranea” nel quartiere. 

«Sapete, quando si è lontano dalla famiglia e si è soli in un paese straniero, i pensieri brutti ti vengono per forza», spiega Mahmadou, che è arrivato a Isoverde nel 2017, «ma da quando siamo qui, parlo anche per i miei amici, è tutto meno pesante. Per questo vogliamo ringraziare la gente di Isoverde che ci ha accolto e ci ha fatto sentire parte della comunità».

L’emozione di Nasser, un altro ospite dell’appartamento, è palpabile nel momento in cui incespica sulle parole che ha buttato giù e imparato a memoria per raccontare la sua storia. Nato in Niger, ha deciso di spostarsi prima nei paesi del Nord Africa e in seguito di raggiungere l’Italia, perché la siccità nel suo paese aveva reso molto difficile la sopravvivenza per chi dipende dall’agricoltura. Nasser è agitato, non ha mai parlato in pubblico, e alla fine legge quello che ha preparato dal cellulare, testimoniando a sua volta come Isoverde abbia influito positivamente sulla sua vita.

Le difficoltà date dai decreti sicurezza sono riportate anche dal Sindaco di Campomorone, Giancarlo Campora: «Siamo in convenzione con la Croce Bianca, e c’è un rapporto importante con gli educatori. Il progetto è previsto fino al 2020, poi dovremo fare delle valutazioni per capire come intervenire. Queste esperienze sono state molto positive per il paese e c’è la volontà di continuarle, bisognerà vedere in che termini, per garantire a questi ragazzi un progetto di integrazione reale e concreto sul territorio».

«Soprattutto siamo molto convinti dell’importanza della scelta dell’accoglienza diffusa», rincara Paola Guidi, che ha guidato il Comune nei cinque anni precedenti, e che si è presa la responsabilità dell’adesione al progetto SPRAR, malgrado le polemiche iniziali. «Le grandi concentrazioni di migranti abbiamo visto che sono deleterie per i ragazzi stessi e per il quartiere, che percepisce maggiormente di subire la situazione, al di là dei piccoli nuclei. A Campomorone abbiamo sedici ragazzi nel progetto SPRAR, poi abbiamo un altro CAS di donne con quattro ragazze somale, con due bambini, e tre nigeriane».

Proprio questa realtà femminile offre un esempio di come la percezione può cambiare quando lo spauracchio “migrante” torna a essere un gruppo di persone reali, racconta l’ex Sindaco di Campomorone, che sono state adottate dal condominio e dal quartiere con una sensibilità forte: «Quando stavamo preparando il trasferimento delle prime donne del CAS, un residente del palazzo era stato molto polemico sul progetto, e adesso proprio questo signore è il padrino di battesimo di un bimbo di una delle ragazze somale, nato a Campomorone. È un cambiamento emblematico».

La cena è anche un’occasione per invitare nuovi volontari ad aiutare nel progetto scolastico: «Facciamo lezione il lunedì e il giovedì in orario serale, ogni volontario copre le materie che conosce meglio, ma più siamo e meglio è. Ad esempio, Mahamadou sta studiando per prendere la patente, ed è una sfida nuova anche per noi», spiega Nicholas Fresu. «Sono tornato a insegnare qui dopo un periodo di pausa ed è sempre emozionante vedere quanto sono migliorati i ragazzi nel frattempo, è un’esperienza che offre tantissimo».

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