È uscito la scorsa settimana il bilancio demografico ISTAT relativo al 2018, con tutti i dati relativi alla (de)crescita della popolazione italiana. Un dato importante che segna come le nascite siano in calo e registrino il dato più negativo dall’Unità d’Italia.

Ma vediamo nel nostro piccolo cosa comporta per i Cinque Comuni dell’Alta Valle. Il primo dato da tenere presente è che per tutti e cinque, tra il 1° gennaio e il 31 dicembre dell’anno passato, il bilancio è negativo. Tra saldo naturale, ossia il rapporto tra nascite e decessi, e le migrazioni umane (che conteggiano sia i cambi di residenza che i trasferimenti all’estero, per i polceveraschi che se ne vanno, e i “foresti” che decidono di stabilirsi in valle), si attesta che tutti i Comuni hanno perso cittadini e famiglie.
Con delle differenze, tuttavia. Dai dati nel report, possiamo dire che il Comune che regge meglio il colpo è Serra Riccò, che perde lo 0,6% dei suoi abitanti rispetto all’inizio dell’anno, ma che è anche quello con il rapporto migliore tra nascite e decessi (1:2) e con i nuclei familiari più corposi (una media 2,2 persone a famiglia). È inoltre uno dei due Comuni che ha un saldo migratorio (somma tra chi se ne va e chi viene) positivo, anche se di poche teste – otto persone.Fanalino di coda è Campomorone, che perde 121 abitanti in un anno (-1,77%, in percentuale quasi il triplo di Serra Riccò) con il rapporto nascite/decessi più alto (27 nati, 114 defunti – 1 nascita ogni 4,22 decessi), le famiglie meno numerose con una media di 2 componenti a nucleo, e con il peggior saldo migratorio tra tutti e cinque i Comuni (-34 unità). È vero che Campomorone ha anche un tasso di anziani molto più alto rispetto agli altri Comuni, eppure facendo il confronto tra i due comuni più grandi, a parità di decessi – 114 per entrambi – vediamo che le nascite invece hanno un trend completamente opposto: mentre a Campomorone sono nati appena 27 bambini (pari a Sant’Olcese, più che a Ceranesi e Mignanego), a Serra Riccò si sono visti 57 fiocchi rosa o azzurri. Vediamo gli altri Comuni: Sant’Olcese, che è un po’ il “mezzano” come popolazione, tra i piccoli di zona e i due già visti, naviga in solitaria. Ai 27 nuovi nati già citati, fanno da contraltare 90 decessi. Come saldo migratorio sommando le varie voci perde cittadini di sesso maschile, mentre le donne sono in positivo, quindi sono più quelle che arrivano che quelle che si trasferiscono. Durante il 2018 sono mancati all’appello 73 cittadini, pari allo 1,2% della popolazione complessiva.

Prendendo infine in coppia Ceranesi e Mignanego, i due piccoli Comuni di valle, vediamo una differenza – per quanto si parli di poche teste – sul saldo migratorio. Se nascite e decessi sono simili (18 bambini a Comune – 45 defunti a Ceranesi e 54 a Mignanego), c’è una variazione tra le scelte di chi decide di lasciare il suo territorio e chi lo sceglie come luogo in cui vivere. Lo scarto è di soli cinque individui, eppure a Ceranesi il saldo è negativo, mentre Mignanego è il Comune che perde meno abitanti, e che ne acquista a conti fatti di più.
Questi dati, più di 300 cittadini persi in un anno su una popolazione che non raggiunge le 30.000 unità (più di un polceverasco ogni cento!), possono essere considerati come il segnale di quello che a pelle molti cittadini già percepiscono: su un territorio che ha una percentuale di anziani sempre più alta (in tutti i cinque Comuni), bisognerà trovare al più presto strategie attrattive per richiamare famiglie e giovani a vivere qui, ma soprattutto per rendere più forte la sensazione di una comunità viva e in buona salute, per scongiurare il rischio di diventare una zona dormitorio che si affaccia su Genova in cerca di tutti i servizi e le attività commerciali, rischiando di perdere la propria identità.