Luca Canfora, professione ingegnere. Ma se a Genova facciamo il suo nome a una persona qualsiasi la prima cosa che gli verrà in mente sarà la musica.
«Diciamo che sono ingegnere per un consiglio di mio padre, un consiglio per la mia salute. Lui non voleva che facessi la sua vita, voleva che mi iscrivessi all’università. Ovviamente, se non avessi studiato, la salute compromessa sarebbe stata la mia. E così, molto democraticamente, ho deciso di studiare». Esordisce così Luca, con la vena ironica che lo contraddistingue. Ma nella sua vita, come già accennato, un ruolo fondamentale è ricoperto dalla musica. Come nasce questa passione? «L’amore per la musica e per la chitarra prima, per il canto e la scrittura delle canzoni poi, nasce da una vera folgorazione. Un colpo di fulmine inspiegabile, magico, poetico. Non so spiegarlo, avevo 15 anni e in un attimo tutto è cambiato».
Canfora in città è molto seguito e circondato dall’affetto delle persone, sia nel mondo reale sia sui social network. Si aspettava di avere tutti questi followers? «Inizialmente ero molto sorpreso, pensavo che le mie opinioni e i miei post su Facebook potessero intrigare soltanto un ristretto numero di persone», spiega il cantautore. «Poi ho visto crescere sempre più il numero di interazioni e di commenti al mio modo di esprimermi, spesso anche in chiave autoironica e comica. Credo che il segreto sia questo: se ti lasci andare in modo trasparente abbatti i muri tra te e gli altri».
Nella vita di Luca è presente anche un’altra grande passione: il Genoa, al quale ha dedicato canzoni che spesso si sentono riecheggiare nel Ferraris prima delle gare interne dei rossoblu.
Cosa ha provato la prima volta che ha sentito migliaia di persone cantare gli inni dedicati alla sua squadra del cuore? «Ero seduto nei distinti, stavo parlando al telefono. Mio figlio mi è corso incontro gridandomi di togliermi gli auricolari, me li stava strappando e io mi stavo arrabbiando, non capivo il perchè. Poi ho sentito la mia canzone, non ne sapevo nulla. E’ stata una decisione della società, credo volessero farmi una sopresa. Ci sono riusciti, fortuna che porto sempre gli occhiali da sole».
La carriera musicale quali soddisfazioni ha portato? «Per me la musica non è un traguardo, una carriera o un lavoro. E’ il mio modo di respirare, di sognare, di pensare, di piangere, di ridere. Di esistere. Sono orgoglioso delle mie canzoni sul Genoa e su Genova, so di aver espresso quello che sento esattamente nel modo in cui volevo esprimerlo».
C’è tempo per parlare anche della tragedia del 14 agosto, che inevitabilmente ha cambiatola vita e il modo di pensare dei genovesi. Ha pensato di dedicare una canzone alla Val Polcevera? «Io sono nato e cresciuto lì, a San Quirico, dove ancora risiedono i miei genitori. E su quel ponte ci passavo tutti i giorni. Ho già scritto una canzone su Genova nel 2004, ma non ho mai pensato di scriverne una su questo evento». Ed ecco il motivo: «Amando profondamente ciò che faccio non avrei mai accettato che anche una sola persona potesse accusarmi di cercare pubblicità strumentalizzando un evento del genere. Parlerò ancora di Genova, ma non scriverò mai un pezzo su questa tragedia».
Chiudiamo con i progetti per il futuro: «Tanti. Sto scrivendo un progetto che riguarda Genova e uno che riguardo il Genoa. Saranno le mie attività principali per i prossimi anni, due cose che non potranno lasciare indifferenti e che non potranno essere dimenticate, nemmeno quando lo sarò io. E’ questo ciò che fa la musica».
E infine Canfora vuole dedicare un pensiero ai giovani: «Credete in qualcuno, credete in qualcosa, credete in voi stessi. E soprattutto nei vostri sogni. La strada giusta è sempre quella stretta, in salita, piena di ostacoli. In cima alla salita non ci sono tutte le risposte, ma è l’unica strada che vale la pena percorrere».
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