Mercato delle Quattro A e Piazza Fiorita, Pontedecimo si mette in festa

Recuperando una tradizionale fiera di Pontedecimo, la Via del Sale organizza una giornata dedicata alle eccellenze del territorio con i negozianti del quartiere

Dopo un rinvio per il mal tempo di maggio, sabato 1° giugno a Pontedecimo si terrà il Mercato delle Quattro A: Arte, Artigianato, Antiquariato e Alimenti. Sulla scia della Festa della Croce, un appuntamento storico di Pontedecimo, un mercato che ricordi le fiere di un tempo, con spazio alle eccellenze del territorio. 

Un’iniziativa organizzata da La Via del Sale, l’associazione di promozione culturale e sociale che si dedica alla promozione di Pontedecimo e della Val Polcevera (attualmente ha sede a Ceranesi), e che ha trovato una calda accoglienza da parte del CIV di Pontedecimo e di tutti i negozianti. Insieme al mercato sulla piazza di Pontedecimo diventerà un giardino fiorito grazie ai fiorai del posto, con mostra di ortensie e di rose. Per tutta la giornata ci sarà animazione sulla piazza, con appuntamenti gastronimici a tema fioreale.

Il mercato si snoderà invece nelle vie che di solito accolgono il mercato settimanale e nel borgo storico.

Nei negozi con la rosa esposta, inoltre, ci saranno proposte e promozioni dedicate all’evento.

Una lunga giornata di festa, per un quartiere che si sente ancora “paese a sè” e che avverte il bisogno di ritrovarsi comunità dopo un anno complesso, dai danni dovuti alla caduta di Ponte Morandi al peggioramento della qualità di vita dovuto al forte traffico (anche a causa delle problematiche a monte, tra la frana di Ceranesi e il traffico pesante del cantiere del Terzo Valico), e che si prepara all’apertura di un nuovo supermercato proprio nel cuore del borgo, in una posizione che fa preoccupare non poco gli abitanti per gli effetti che avrà sulla viabilità.

Per questa occasione, la Via del Sale ha rispolverato la poesia in genovese “A Fêa da Croxe”, che celebra prprio lìantico appuntamento sulle vie di Pontedecimo, e che è stata recuperata da Antonio Canepa e Maurozio Lamponi. Purtroppo mancano un verso e alcune parole, illeggibili e sbiadite nella loro trascrizione, ma anche così richiama atmosfere molto rumorose e colorate. A fianco anche la traduzione in italiano (si ringrazia Maristella Cuccadu per la sua gentilezza). 

 

Chi se gusta e armonie,in sciâ ciassa do Barachìn,de sunate e scinfonie,fœte apòsta pe insordî,là da Giòstra, e do ton-tonda catubba e do tronbón.

O barbón mezo abrensoìoonde poeise in pö ascâdâpasegiava tutto in gîoda çimma fondo do ciasârozigiàndose i crostìnavansæ de vei matìn.

Sciscignore o l’è proprio lê:co-o capello a luninœa nicchiofœghe röso, o pâ ‘n straçê!Co-a giachetta ex-neigra ciœa,e câsette pinn-e d’euggi,scarpe… dieivo mêgio scheuggi.

Tanto longhi i pantaloìn,a crovâta cô do liamme,o mandillo o pâ in strasóngiponetto cô da famme,zà camixa no ne veddo.O l’aviâ, ma no me o creddo.

Sponta o Trillo! O pâ in figo passo,comme ‘n gancio lê o l’è drito.A cavagna atacâ a-o brassoa testa a Busalla o cû a San Chîgocriando fòrte “e mœ niseue————————————————“.

A-o bordo dato son arivœi mandrogni, scappa-scappa!Quanti axi inbardelœ!Quanti aguzzi co-a trappa!Ingonbrando tutta a ciassa,Barbasciunscià no se passa.

Pöi galòppan pe ‘n momentoco-i garsoìn derê obligœe pöi van de passo a stentoe pe-e carubbe son bacœ!Questo o-i sponcia, quelli i pestachi ghe ponze a côa, chi a téesta.

L’Ave Màia za sunavae da-a gexa in sciô ciasâge’êa o meistro chi aspêtavai sunoéi pe incomensâ.E la sponta za o toìnco-i libretti e-i leterìn.

In sci scœn da gexa, oh che paisepin de gente a ciù no poéi,tutti a vedde quel’orchestracon o meistro e-i sunoéi,mentre i fratti da ertûalô se gödan l’aia pûa.

Quande tòsto mêzaneutteva ognidùn pe-o seu camìn.Ma se treuva ancon pe straddal’ed-de-de-le do Nonìn.E Pasquâ con o Gagêghe fan dî fu-fu-che-che.

«Mi ca-canto a pia-pianéllae mia madre —–a tan-ta rantella,Linda de chomo-ni-ni.O-fin-fi-rô-li-lu-le-naco-a Bœ-bœ-la-la-le-na.»

 

Chi si gusta le armonienella piazza del Baracchino,delle sonate e sinfonie,fatte apposta per insordire,là della Giostra e del “ton-ton”della grancassa e del trombone.

Il barbone mezzo intirizzitoper potersi un po’ scaldarepasseggiava tutto in girod’in cima in fondo del piazzalerosicchiandosi i crostiniavanzati da ieri sera.

Sissignore è proprio lui:col cappello a nicchiofate largo, pare uno straccivendolo!Con la giacchetta ex-nera chiara,le calze piene di occhi,scarpe… direi meglio scogli.

Tanto lunghi i pantalonila cravatta color letame,il fazzoletto sembra uno stracciopanciotto color della fame,già camicia non ne vedo.Ce l’avrà, ma non lo credo.

Spunta il Trillo! Sembra un fico secco,come un gancio è dritto.Il cesto attaccato al bracciola testa a Busalla, il sedere a San Quiricogridando forte “le mie nocciole————————————————-“.

Al Borgo alto sono arrivati i mandrogni, scappa scappa!Quanti asini bardati!Quanti aguzzini con la bacchetta!Ingombrando tutta la piazza,niente da fare, non si passa.

Poi galoppano per un momentocon i garzoni obbligati dietroe poi vanno di passo a stentoe per le carrube son bastonate!Questo li spinge, quelli li picchianochi punge loro la coda, chi la testa.

L’Ave Maria suonava già e dalla chiesa sul piazzalec’era il maestro che aspettavai suonatori per cominciare.E là spunta già il tavolinocon i libretti e i leggii.

Sulle scale della chiesa, oh che paesepiene di genete a più non posso, tutti a vedere quell’orchestracol maestro e i suonatori,mentre i frati dell’alturaloro si godono l’aria pura.

Quando è quasi mezzanotteva ciascuno per il suo cammino.Ma si trova ancora per stradal'”ed-de-de-le-dp di Nonìn.E Pasquale con Gaggero gli fan dir “fu-fu-che-che”.

«Io ca-canto la pia-pianellae mia madre —–la ta-tan, tan-ta rantella,Linda di chomo-ni-ni.O-fin-fi-rô-li-lu-le-nacon la bèè-bèè-la-la-le-na.»

 

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